Dislivellometro stagione Ski-alp 2010-11:

Dislivellometro stagione Ski-alp 2014-15: 11.250 m. (Reports)

Dislivellometro stagione Ski-alp 2013-14: 28.750 m. (Reports)

Dislivellometro stagione Ski-alp 2012-13: 16.400 m. (Reports)

Dislivellometro stagione Ski-alp 2011-12: 5.600 m.

Dislivellometro stagione Ski-alp 2010-11: 20.890 m.


martedì 7 dicembre 2010

Torrione Magnaghi (Primo) - Canalino Albertini

Gruppo della Grigna Meridionale

Ascensione effettuata il 2 ottobre 2010 da Toso, Ste e Renato.

Si è trattato di un'uscita di recupero del Corso di Alpinismo nell'ambito della Scuola di Alpinismo del Cai di Corsico. Ad affrontare questa via, che tra l'altro è una classica delle Grigne, eravamo due cordate composte da tre istruttori (io, Ste e Fabri) e due allievi (Renato e Ciano). Io e Fabri abbiamo tirato da primi, anche se il titolo di capocordata va sicuramente a Fabri che si è fatto tutta la via da primo, visto che già la conosceva.

Dati tecnici salita
Avvicinamento: La nostra tempistica lascia il tempo che trova (data la peculiarità corsuale dell'uscita), ma sicuramente siamo stati piuttosto lenti. Per arrivare all'attacco abbiamo percorso il sentiero della Cresta Sinigaglia, ma esistono alternative, se non migliori, altrettanto valide.
Attacco: Come di seguito descritto, per trovare l'attacco della via, non ci dovrebbero essere grosse difficoltà anche perchè, il primo tiro è in comune con la via Normale al Sigaro.
Dislivello: circa 500 m per l'attacco. Per quanto attiene la via, invece ci sono circa 150 m caratterizzati da 5 Tiri.
Esposizione: Sud, ma l'attacco è incastrato su una stretta gola che, immagino, d'inverno veda poca luce.
Difficoltà: Max IV°+

Avvicinamento: Lasciata la macchina poco sopra il rifugio Soldanella (1354 m) abbiamo percorso il sentiero che conduce alla Cresta Sinigaglia. Avevamo appena scalato la via dei Ciuc al Corno del Nibbio. Non siamo stati velocissimi nell'avvicinamento, impiegandoci circa 1 ora e mezza, quando credo che solitamente ci si metta un'ora. Abbiamo seguito il sentiero n. 1 della Cresta Sinigaglia fino a quando abbiamo incontrato una traccia che conduce a sinistra. L'abbiamo imboccata e in pochi minuti (15) siamo arrivati nei pressi di una piattaforma di atterraggio per l'elicottero. Abbiamo proseguito la salita seguendo le tracce di sentiero che costeggiano la parete est del Torrione Magnaghi fino a giungere nei pressi di una struttura in metallo adibita a deposito barelle. Da qui, proseguendo per facili roccette in direzione Ovest, siamo giunti ad un evidente intaglio che si apre tra il Torrione Magnaghi e una cima minore. Questo tratto è piuttosto facile, ma noi, dato che era pur sempre un'uscita (di recupero) del corso di alpinismo, abbiamo preferito procedere in conserva protetta.

L'avvicinamento in conserva per raggiungere la sella che conduce, in discesa, all'attacco della via.
Dall'intaglio siamo scesi per circa 30 metri (sempre in conserva protetta) lungo lo stretto canale e siamo arrivati al camino tra il Magnaghi e il Sigaro, ove inizia la via. Si noti che il primo tiro è in comune con la via normale al Sigaro. Sulla parete opposta alla via si trova una sosta attrezzata per assicurarsi.
La discesa nello stretto intaglio che conduce all'attacco della via.
Relazione: Non conoscendo la via, ho trovato molto utile seguire, a stretto contatto visivo, la cordata davanti a noi, composta da Fabri e Ciano. La giornata era fredda e la visibilità piuttosto scarsa per nebbia abbondante. Abbiamo iniziato ad arrampicare alle 13.00, siamo arrivati in vetta al Magnaghi meridionale alle 17.30, alla base del Torrione alle 18.30. Come già detto, non sono sicuramente tempi da record, ma occorre precisare che molto tempo (un'ora buona) è stato perso tra il 4° ed il 5° tiro a causa di una corda incastrata.
Primo Tiro (25 m, III°): Come detto, la prima lunghezza, che è in comune con la normale al Sigaro, si sviluppa sul canale tra Sigaro e Magnaghi. Dalla sosta si sale, con un'arrampicata mai difficile e mai superiore al III° grado, lungo la logica direttrice che tende a sinistra. S'incontra la sosta proprio quando i due gruppi rocciosi (Sigaro e Magnaghi) iniziano a separarsi. Si trovano ancoraggi (fittoni e chiodi) nei punti più delicati e comunque le possibilità di proteggersi sono abbondanti, cosa, ques'ultima, che è vera per tutta la lunhezza della via.
Il Fabri sul primo tiro.
Luciano e Renato in sosta tra il primo e il secondo tiro.
Ivi sono presenti due soste attrezzate a spit.
Secondo Tiro (35 m, IV°): Dalla sosta si prosegue in verticale tenendosi alla destra del camino. Per andare sulla via normale del Sigaro invece, si prosegue a sinistra abbandonando, ovviamente, il Magnaghi. Questo secondo tiro è leggermente più impegnativo del precedente essendo un quarto grado praticamente fino alla sosta successiva situata su un terrazzino. Non mancano ancoraggi nè ampie possibilità di protezione. Sia il Fabri (prima di me) sia io, abbiamo arrampicato con cautela. Personalmente avevo l'impressione che la roccia fosse piuttosto insidiosa. Forse umida. Ste e Renato, i miei secondi di cordata, sono saliti senza alcun problema.
Il Toso sul secondo tiro. Si noti, sulla sinistra tra le brume, la parete del Sigaro.

Terzo Tiro (40 m. IV°): La via è logica. Si prosegue in verticale. Pur essendo, da relazione, un quarto grado esattamente come il tiro precedente, ho trovato questa lunghezza molto più facile della seconda. Se avessi dovuta gradarla io avrei dato un III° superiore. Come sempre è abbondante la presenza di ancoraggi.
Renato impegnato sulla terza lunghezza.
Anche in questo caso, lui e Ste, hanno arrampicato con sicumera.
Quarto Tiro (40 m, IV° +): E' la lunghezza chiave della via. Si sviluppa leggermente a destra rispetto alla sosta lungo l'evidente diedro che deve essere percorso per tutta la sua lunghezza. Vedendo le difficoltà incontrate da Ciano (che mi precedeva da secondo con il Fabri) incastratosi all'interno dello stretto intaglio roccioso, ho pensato che poteva essere una buona idea rimanere all'esterno del diedro. Effettivamente l'idea era valida, infatti rimanendone fuori a destra, si trovano ottimi appigli e altrettanto ottimi appoggi. Il problema è che, così facendo, ci si porta decisamente troppo fuori via e non si riesce a rinviare allo spit posizionato a metà diedro. Ho pensato, quindi, di ignorare lo spit e di proseguire lungo la nuova direttrice, spostandomi a sinistra e quindi rientrando in via, solo quando il camino era terminato. In realtà, sia Fabri che Ste mi dissuasero dal mio proposito ed io stesso mi sono chiesto cosa sarebbe accaduto se nel prosieguo avessi incontrato una difficoltà superiore e non fossi stato protetto che da uno o due friends. Così, con qualche stratagemma degno dei primi pionieri, mi sono riportato in via e ho rinviato allo spit. Da qui in poi il diedro, pur rimanendo delicato, non oppone grosse problematiche. Giunto al termine dell'intaglio ho piegato decisamente a sinistra, superando un passaggio piuttosto delicato (semi-aderenza) che sono riuscito a proteggere con un nut e poco dopo sono arrivato alla sosta. Il modo corretto di interpretare il passaggio chiave è quello che hanno attuato Ste e Renato, ovvero rimanendone sì all'esterno, ma tenendosi sempre sulla sua verticale. Quindi procedendo in spaccata e in opposizione sulle pareti del diedro.
Renato ingaggia il diedro del Quarto Tiro.

E' la volta dello Ste... Si noti che le corde tracciano quella che è la linea del tiro.
Quinto Tiro (45 m, III°): Oramai le difficoltà sono finite. L'ultima lunghezza è logica e priva di difficoltà. Forse per questa ragione ho commesso un errore da pivello dimenticando la piastrina appesa alla sosta. Me la son dovuta far prestare da Ciano alla sosta successiva che si trova sulla cresta terminale del Torrione Magnaghi. Ho sostato qui per circa un'ora, non capendo per quale motivo Ste e Renato non mi raggiungessero. Solo dopo ho saputo che una delle due corde si era incastrata e lo Ste si era dovuto calare per disincagliarla. Comunque, durante questa lunga attesa, ho avuto la fortuna di vedere il fantasma di Broken. Purtroppo non sono riuscito a fotografarlo. Era la seconda volta che lo vedevo, la prima è stata sulla Cima delle Cenge, nelle Alpi Giulie, nell'estate del 2005. In quell'occasione sono riuscito ad immortalare l'insolito fenomeno di percezione amodale.

Discesa: Dall'ultima sosta si prosegue (in conserva protetta) per tutta la facile cresta del Magnaghi (max III°) fino ad arrivare alla sua sommità. La vetta non è indicata in modo particolare (croci, registri o altro) ma è sostanzialmente un panettone di sfasciumi dal quale si può solo scendere. La cresta, come detto non presenta particolari difficoltà, forse merita solo menzione una spaccatura che s'incontra pochi metri dopo l'ultima sosta che richiede un po' di attenzione, soprattutto da parte dei secondi di cordata, nella discesa. Nonostante la relativa facilità e quindi il falso senso di sicurezza, mi sento in dovere di ricordare, come si trova scritto su quasi tutte le relazioni di salita a questa vetta, che i primi salitori, proprio qui e probabilmente per questa errata percezione di tranquillità, hanno incontrato un incidente mortale.
La cresta sommitale del Primo Magnaghi.
Sulla vetta, in prossimità di un grosso masso, si trova una sosta, dalla quale è possibile calarsi, in direzione Est, per pochi metri fino alla Forcella Dorn. La calata può tranquillamente avvenire, come abbiamo fatto noi, in conserva protetta dato che oppone dei passaggi di II° grado. Si tratta veramente di pochi metri, circa 5. La sosta successiva è evidente e offre la possibilità di calarsi in doppia lungo la via normale al Magnaghi oppure di affrontare, dapprima in spaccata, il c.d. Traversino che conduce in cima il Torrione Magnaghi Centrale. Noi, data l'ora tarda, abbiamo optato per la discesa, che è avvenuta senza difficoltà con 3 doppie da 50 m. Da sottolinere che dalla cima del Magnaghi ci si deve calare, come detto, dal versante Est, ovvero alla destra della via di salita appena effettuata.
La calata in doppia segue l'itinerario della via Normale al Magnaghi Meridionale.
Si noti, sulla sinistra, la Forcella Dorn.
Dalla base del Torrione, in meno di un'ora siamo giunti al Rifugio Porta, ove abbiamo trascorso una bella serata tra i racconti di scalate, pizzoccheri e vino.

Inversione termica. Lungo la discesa, la montagna regala ancora grandi emozioni.
In lontananza emerge, dal mare di nubi, la vetta del Resegone.

Festa al Rifugio Porta
Bibliografia:
Testi:  P. Corti, M. Anghileri, Grignetta, un secolo di arrampicate, Casa Editrice Stefanoni, Lecco (2003), pp. 72-75

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